Margherita Trotti Bentivoglio Bassi

Margherita Bassi, una vita per Trezzo
 
Come i suoi antenati e familiari, anche Margherita Bassi Trotti Bentivoglio è stata animata da un grande ardore civico e patriottico che l’ha spinta ad essere sempre molto partecipe della vita sociale della sua città. Dei molteplici contributi, quello più significativo e che più è rimasto nel cuore dei trezzesi è stato senza dubbio la creazione del “Comitato di Preparazione Civile – Trezzo sull’Adda” sorto con l’intento di aiutare i soldati durante la Prima Guerra Mondiale.
 
Margherita, nata a Milano il 29 Agosto 1844, è figlia di Lodovico Trotti e Sofia Manzoni, nonché nipote del celebre scrittore Alessandro Manzoni. Proprio dal padre Lodovico, e dalle zie Ghita col marito Giacinto Provana di Collegno e Costanza col marito Giuseppe Arconati, tutti molto attivi per la causa italiana durante il Risorgimento, eredita il sentimento patriottico e l’ardore civico. Margherita Bassi, quarta di quattro figli, non ha praticamente mai conosciuto la madre Sofia morta prematuramente, quando ella aveva ancora pochi mesi, sfiancata dai parti e dai salassi. Questa tragedia, insieme alle grandi difficoltà economiche della famiglia superate solamente grazie alla generosità dei fratelli del padre (Antonio, Ghita e Costanza), hanno segnato molto l’infanzia di Margherita concorrendo a rendere ancor più forte il legame con il padre ed i fratelli con cui trascorre i primi anni della sua infanzia nella Villa di Verano. Convivenza col padre che s’interrompe bruscamente nel Marzo del 1848 con lo scoppio delle rivolte anti austriache di Milano e Como a cui partecipa il padre Lodovico lasciando i figli nella Villa di Verano. Col rientro delle truppe austriache a Milano, dato l’impegno militare del padre, Margherita e i fratelli sono costretti a fuggire precipitosamente dalla Lombardia assistiti dalla zia Costanza. Passa poco più di un anno prima che Margherita e i fratelli possano rivedere il padre che, abbandonato l’esercito, torna a vivere con loro.
Nei successivi anni vivono tutti insieme spostandosi fra Liguria e Toscana, finché Lodovico, dato l’aggravarsi delle sue condizioni economiche e di salute, è costretto a prendere la sofferta decisione di separarsi nuovamente dai suoi amati figli mandando i maschi in collegio a Savona ed affidando Margherita alla cura delle due zie Ghita e Costanza con cui ella vivrà fra Torino, Baveno e Cassolnovo. Nei dieci anni e più in cui Margherita Bassi viene ospitata dalle zie ha la possibilità di frequentare un ambiente culturalmente e socialmente elevatissimo di cui fanno parte, oltre agli zii Giacinto Provana di Collegno, Giuseppe Arconati, Massimo D’Azeglio ed il nonno Alessandro Manzoni, anche importantissimi personaggi politici e letterati dell’epoca tra cui spiccano Berchet, Rosmini e Margherita di Savoia, futura Regina d’Italia.
La convivenza con le zie finisce nel 1865 quando Margherita, all’età di 21 anni, sposa Francesco Bassi con cui vive tra Milano e Trezzo sull’Adda ed è sempre al suo fianco nelle decisioni di abbandonare la carriera militare, di terminare gli studi universitari e poi di intraprendere la carriera di imprenditore costruendo uno stabilimento tessile nel giardino della casa di famiglia a Trezzo. Margherita riesce a coniugare al meglio il ruolo di madre con l’attivismo civico. Proprio grazie al suo impegno prende vita il Comitato Promotore che, sul terreno donato da Carlo Biffi, porta alla costruzione della Scuola Materna “Umberto e Margherita”, inaugurata nel 1894 alla presenza anche della Regina Margherita venuta di persona proprio per rispondere all’invito di Margherita. La morte del marito nel 1905 la colpisce profondamente senza per questo affievolirne l’attivismo civico, tanto che tre anni più tardi si farà promotrice di una raccolta benefica a favore della neonata “Società Ginnastica Tritium”, di cui è madrina la figlia Costanza.
È però nell’ultima parte della sua vita, dopo lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, che Margherita Bassi riuscirà a dare un apporto ancor più grande alla città di Trezzo sull’Adda. Lei, nata e cresciuta in un ambiente risorgimentale e patriottico, vive questa guerra come l’ultimo passo per raggiungere l’unità d’Italia liberando i territori irridenti di Trento e Trieste. Sono queste motivazioni, insieme al ricordo degli esempi di suo padre e dei suoi zii, che la spronano, nonostante l’età avanzata per l’epoca, a partecipare attivamente. Così, una volta iniziata la Prima Guerra Mondiale, Margherita si attiva immediatamente organizzando le donne trezzesi nel “Comitato di Preparazione Civile – Trezzo sull’Adda” creato appositamente per dare sostegno ai soldati al fronte. E’ lei la vera anima del Comitato che predispone l’invio di pacchi contenenti indumenti di lana indispensabili per affrontare i rigori dell’inverno e organizza lo scambio di lettere e cartoline tra i soldati ed i loro familiari al fine sia di mantenere alto il morale dei combattenti sia di dare loro notizie alle famiglie trezzesi. Margherita si spende in prima persona, non esitando a servirsi della sua vasta rete di parentele, conoscenze ed amicizie, per cercare di dare un’assistenza a tutto campo alle famiglie trezzesi in difficoltà e soprattutto ai soldati feriti, mutilati o prigionieri. Finita la guerra, con l’inesorabile avanzare dell’età l’impegno civico di Margherita Bassi comincia ad affievolirsi fino a spegnersi del tutto con la sua morte l’8 Novembre del 1921, solo pochi mesi dopo la morte dell’amato figlio Lorenzo un dolore per lei impossibile da superare.
 
L’amico trezzese, Dott. Giovanni Battista Colombo, la ricorderà con le seguenti parole il giorno del funerale:
“Non una lagrima irrigò il volto di donna trezzese che non fosse da Lei asciugata; non un grido di dolore uscì dalle nostre case che non trovasse eco profonda nel suo nobilissimo cuore, e allorquando la guerra immane e sciagurata travolse nelle sue orribili spire la Patria nostra, Ella, vecchia più che settantenne, arse di spirito novello e giovanilmente si prodigò ad animare i dubbiosi, ad incoraggiare gli incerti, a largire a tutti parole di pietoso, inenarrabile conforto. [...] E nei lunghi anni del conflitto nessuna madre ricorse a lei senza ottenerne il balsamo della parola buona; nessuna sposa trepidò per il marito lontano ed il Lei ne riversò l’ambascia, senza che uscisse dalla Sua casa con brillantele negli occhi la più ridente speranza. [...] Tutto un popolo nell’empito del suo dolore l’ha qui accompagnata. [...] Non più La vedremo nella sua dolce, carezzevole figura ire per le vie del nostro paese, messaggera di conforto. [...] Qui ove tutto tramonta, ove tutti finiamo: ieri i baldi giovani soldati qui trasferiti dal campo di battaglia e che la morte ghermì inconsci in loro baldanza, mentre ancora fioriva sulle loro labbra la vecchia canzone goliardica; oggi la buona vegliarda che al gran passo aveva da tempo preparato il pensiero e lo spirito”.